mercoledì 18 giugno 2014

Una vita banale, un miracolo letterario

William Stoner ha una vita che sembra essere assai piatta e desolata. Non si allontana mai per più di centocinquanta chilometri da Booneville, il piccolo paese rurale in cui è nato; mantiene lo stesso lavoro per tutta la vita; per quasi quarant'anni è infelicemente sposato alla stessa donna; ha sporadici contatti con l'amata figlia e per i suoi genitori è un estraneo; per sua ammissione ha soltanto due amici, uno dei quali morto in gioventù. 

La trama di questo libro è riassumibile così, in poche parole, in queste poche righe. E non sembra nulla di promettente vero? Eppure John Williams riesce a compiere un vero e proprio miracolo letterario: trasforma una storia banale e non troppo avvincente in un romanzo che ha dell'incredibile. Forse all'inizio vi chiederete come mai tutti ne parlano così bene, cosa ci avranno mai trovato di così eccezionale; be' non demordete, continuate a leggere e non potrete più farne a meno. Pagina dopo pagina non riuscirete ad abbandonare William Stoner, non riuscirete a non provare empatia e pietà per lui, per le vicende che affronta ma, soprattutto, per come le affronta.
Si tratta di un romanzo che, una volta terminato, ci si sente di consigliare perché parla di vita, una vita che all'apparenza può sembrare irrilevante ma che, in fondo, è pur sempre unica.

Stoner,
John Williams,
Fazi Editore, 2012

Buona lettura, 
Vi.

P.S. Degna di nota anche la postfazione di Peter Cameron; un modo eccellente per chiudere il libro ed essere certi di aver appena finito di leggere quello che, senza mezzi termini, si può definire un capolavoro.

sabato 17 maggio 2014

Ho passato tutta la vita con i miei coetanei e non mi piacciono granché

James ha 18 anni e vive a New York. Finita la scuola, lavoricchia nella galleria d'arte della madre, dove non entra mai nessuno: sarebbe arduo, d'altra parte, suscitare clamore intorno a opere di tendenza come le pattumiere dell'artista giapponese che vuole restare Senza Nome. Per ingannare il tempo, e nella speranza di trovare un'alternativa all'università ("Ho passato tutta la vita con i miei coetanei e non mi piacciono granché"), James cerca in rete una casa nel Midwest dove coltivare in pace le sue attività preferite - la lettura e la solitudine -, ma per sua fortuna gli incauti agenti immobiliari gli riveleranno alcuni allarmanti inconvenienti della vita di provincia. Finché un giorno James entra in una chat di cuori solitari e, sotto falso nome, propone a John, il gestore della galleria che ne è un utente compulsivo, un appuntamento al buio...

Ho finito questo libro qualche giorno fa, ma ho deciso di non scrivere subito cosa ne pensassi di getto, ho preferito aspettare e rifletterci su. Si tratta di uno di quei libri che quando li finisci ti lasciano una specie di amaro in bocca, un vuoto che non sai bene come spiegare. Un deserto che richiama quello della New York estiva incredibilmente descritta in queste pagine. L'assenza è il centro narrativo di questo romanzo: l'assenza di persone per le strade della città e l'assenza di amore, amici e affetti nella vita di James. Ed è proprio questa assenza, questa totale solitudine, che il protagonista cerca: vorrebbe solo trasferirsi nel Midwest e trascorrere il resto della sua vita leggendo, evitando così il contatto con i suoi coetanei e qualunque forma di rapporto umano che, in effetti, lo disgusta, provocandogli crisi di panico.
E' difficile spiegare perché leggere questo libro, ma è ancora più difficile non farlo.
Nel 2011 il romanzo è diventato un film diretto da Roberto Faenza: il più classico dei consigli che posso darvi, però, è quello di leggere prima il libro e solamente dopo vedere il film.


Un giorno questo dolore ti sarà utile,
Peter Cameron,
Adelphi, 2007

Buona lettura,
Vi.



domenica 13 aprile 2014

Immaginazione non significa menzogna

Monsieur Craistang, professore di francese a Belleville, sorprende tre suoi allievi che si passano sotto banco uno schizzo satirico: una folla inferocita marcia dietro uno striscione che recita "Craistang ti faremo la pelle". La punizione è immediata: per il giorno successivo dovranno portare portare un tema basato sull'ipotesi che i genitori possano ritornare bambini e i bambini diventare improvvisamente genitori. Ma lo scambio dei ruoli da ipotetico si fa ben presto reale e i "signori bambini" Igor, Joseph e Nourdine si trovano a dover fare la parte degli adulti in una complicata e contraddittoria Bellevile contemporanea. A dirne le avventure è il padre di Igor, Pierre, morto di Aids per una trasfusione, che nel suo pigiama a righe narra dalla tomba al cimitero Père Lachaise. Grazie alla prospettiva stravolta e intenerita della voce narrante, cose e persone sono viste in modo insieme allucinato e lucido, favoloso e dolce. E alla fine sorge il dubbio che sia stato proprio Pierre a combinare tutto per restituire un po' della felicità scomparsa con la sua morte.
Contemporaneamente alla pubblicazione del libro di Daniel Pennac in Francia nel 1998 è uscito il film omonimo diretto dall'amico Pierre Bruton. Scrittore e regista si sono sfidati e hanno lavorato assieme al progetto di raccontare, ciascuno a suo modo, la stessa storia. Unica condizione: l'uno non doveva leggere il libro prima che l'altro vedesse il film.

"Immaginazione non significa menzogna", con queste parole si apre il libro di Daniel Pennac, parole che vi accompagneranno fino alla fine della storia e che farete vostre. Un libro esilarante, ambientato in un quartiere alle porte di Parigi, che vi farà ridere, divertire, viaggiare coi personaggi per le strade della città, ma soprattutto vi farà riflettere. Perché, in fondo, se voi foste dei ragazzini di tredici anni e vi svegliaste il giorno dopo con trent'anni compiuti come vi comportereste? E se nel frattempo i vostri genitori si fossero rimpiccioliti, tornando bambini? 
Insieme a Igor, Joseph e Nourdine scopriremo come troveranno una loro soluzione al problema, cercando di capire se di vero problema si tratta.
Con una scrittura impeccabile e per nulla ostica, Pennac ci fa riflettere su cosa significa essere bambini e cosa essere genitori, e ci aiuta a capire i punti di vista di entrambi i ruoli, con le loro difficoltà, le loro gioie, i loro problemi e le loro soluzioni.
E allora ricordate: "immaginazione non significa menzogna!"

Signori bambini,
Daniel Pennac,
Feltrinelli, 1998

Buona lettura, 
Vi.

sabato 29 marzo 2014

Un romanzo spudorato, una storia d'amore, un libro che vi conquisterà

Nel giugno del 2009 Mattia Spaini, titolare di un'agenzia di comunicazione milanese, chiude un accordo con il Corriere della Sera per realizzare una serie di libri-intervista ai principali intellettuali italiani, e affida a Gabriele Dadati il compito di incontrare Manlio Castoldi, anziano romanziere brianzolo che ha sempre condotto un'esistenza appartata nella sua Seregno, due passi da Monza. È così che Gabriele comincia a frequentare lo scrittore e viene risucchiato in quel laboratorio dell'Italia potenziale che è la Brianza, dove tra astuzie e ipocrisie vige ancora un ultimo sogno di benessere mentre nel resto del Paese tutto inizia a crollare. A Seregno Gabriele conosce Tabita, la nipote di Castoldi. Con lei comincia a scoprire la Brianza notturna e la prima generazione brianzola totalmente calata nell'edonismo, senza però avere caro il valore del lavoro e della fatica. Così il ragazzo - che viene da un periodo di tremendo lutto e di insensata dissipazione sessuale - vivrà tre settimane intensissime che capovolgeranno la sua vita. Tra un tentato suicidio, sogni ricorrenti e la ricerca di una felicità forse possibile, Per rivedere te è un romanzo spudorato, dove la vita vera viene passata nel tritacarne della letteratura. Ma è anche, più semplicemente, una storia d'amore. E cioè la ricerca di qualcuno a cui poter consegnare il proprio passato perché ci salvi.

Devo proprio ammetterlo, Per rivedere te mi ha conquistata alla prima lettura. Ho avuto l'onore, e il piacere, di assistere alla fase finale della sua nascita, di poterlo sfogliare, leggere, assaporare e divorare, letteralmente. Si tratta di un libro che conquista subito, a partire dalla splendida immagine di copertina, e che non abbandonerete prima di arrivare all'ultima frase. In qualche modo seguito di Piccolo testamento (Laurana Editore, 2011), l'ultimo romanzo di Gabriele Dadati stupisce per la sincerità con la quale affronta temi sociali, culturali e quotidiani, comuni a ognuno di noi, come la ricerca dell'amore, la ricerca di quella forma affettiva in grado di salvarci da noi stessi. Un tipo unico di legame al quale ti puoi affidare totalmente, liberandoti da quella sensazione di paura, di costante equilibrio precario tra la serenità e il baratro più oscuro.

"Lo vedi. Anche i tuoi conti col passato sono lì che ti guardano e ti cercano per fare due chiacchiere. In definitiva sei quello che pretende di dire agli altri come stare al mondo, ma a parte questo: chi è che saresti, poi? La voce in testa era fastidiosa, ed era la tua". 

Potete seguire l'autore e restare sempre aggiornati sulle sue attività al sito www.gabrieledadati.it

Per rivedere te,
Gabriele Dadati,
Barney Edizioni, 2014

Buona lettura, 
Vi.

martedì 11 marzo 2014

Un noir claustrofobico

In un torrido ferragosto bolognese, tre persone entrano insieme nell'ascensore di un palazzo di venti piani, una grande torre bianca che svetta su un quartiere popolare. Di colpo si spengono le luci, e i tre si trovano intrappolati tra l'undicesimo e il dodicesimo piano. Claudia è una studentessa omosessuale che per pagarsi gli studi è costretta a fare la cameriera in un bar. Ha solo voglia di rientrare nel suo appartamento per farsi una doccia. Tomas è un ragazzo di sedici anni che vive nel palazzo coi genitori. Sta scappando di casa e deve raggiungere Francesca per fuggire con lei verso una nuova vita. Aldo Ferro è proprietario di tre noti locali, marito e padre, ma anche efferato serial killer e produttore di snuff movies casalinghi. Non vive in quel palazzo, ma vi custodisce i ferri del mestiere. Ha molta fretta: deve tornare in una baracca tra le montagne dove, incatenata ma ancora viva, c'è la sua ultima vittima a cui ha staccato la pelle del viso per poi riattaccargliela con i chiodi, ma capovolta. Quella che inizia nell'ascensore bloccato, tra il caldo, la sete, la lotta per l'aria, i cellulari impazziti, è un'incalzante suspense story beffarda e crudele che col passare delle ore assume contorni surreali, minacciando di precipitare a ogni istante nel puro orrore di un incubo senza fine.

Sulla scia di "American Psycho", il romanzo ideale per riscoprire un autore italiano, con una prosa tagliente e decisa, condita qua e là da ingredienti macabri e torbidi. Nel 2008 ne è stato tratto anche un film, dall'omonimo titolo.
Un romanzo claustrofobico, dal finale incerto e totalmente inaspettato ma, soprattutto, incredibilmente attuale a distanza di dieci anni.

Blackout,
Gianluca Morozzi,
Guanda, 2004

Buona lettura, 
Vi.

domenica 23 febbraio 2014

Ragnarok. Dall'alfa all'omega

Ragnarok è un romanzo di A. S. Byatt, una scrittrice inglese che personalmente non conoscevo, ma che ho scoperto e che mi sento di consigliare vivamente.

Il libro racconta da una parte di una bambina magra durante la seconda guerra mondiale e dall'altra la nascita e la morte degli dei di Asgard.
La bambina magra trova nei miti norreni, violenti e senza speranza di redenzione, una visione del mondo che si avvicina molto di più al terribile momento in cui sta vivendo di qualsiasi altra interpretazione le venga fornita dalla scuola o dal catechismo.

Attraverso questo libro il lettore scoprirà la nascita e la fine di un intero mondo, che nasce e muore nel suo stesso sangue.
Una mitologia lontana da quella a cui  sono abituata.

Un mondo spaventoso e crudele, popolato da divinità guerriere, giganti di ghiaccio, mostri orrendi e lupi enormi e fortissimi.
Alberi che generano il mondo, stelle come spaccature nel cranio di un vecchio Dio ucciso dai suoi figli, lupi che inseguono senza requie i cocchi del sole e della luna, sono tutti elementi che vanno a comporre questa particolare mitologia in cui né l'uomo né la speranza trovano posto, un mondo che arriva alla sua fine come la frase al suo punto.

Sebbene il libro sia brevissimo, la sua lettura necessita di tempo, poiché la scrittrice utilizza uno stile altamente descrittivo in cui ogni parola ha la consistenza di un sasso.
E' un libro cesellato, come un altorilievo, in cui ogni parola è importante e necessaria per andare a comporre un'opera minuziosa e particolareggiata, in cui ci si può perdere nei dettagli.
La narrazione ha la densità del miele, fluisce lentamente e con costanza, non è dura, ma richiede una certa attenzione.

Un libro piccolo, ma che contiene un mondo intero.

Buona lettura,

Effe

Ragnarok,
A. S. Byatt,
2013, Einaudi

mercoledì 12 febbraio 2014

Una discesa senza ritorno nell'Io

In un'afosa notte di giugno un giovane di neanche trent'anni si sveglia, si alza dal letto nel quale giace una ragazza che non ama ed esce sul terrazzino a fumare. Ripensa a Vittorio, intellettuale cinquantenne, uomo curioso e rigoroso, amabile e solitario, morto un mese prima: un tumore al cervello gli ha mangiato il corpo, la libertà, la parola. Il giovane era diventato, non per obbligo scolastico ma per elezione, il suo allievo. Quasi il figlio adottivo. E la morte del padre adottivo ha fatto coagulare in lui le sostante più preziose dell'insegnamento ricevuto: la passione argomentativa, la disponibilità, il sentimento di essere custode di un bene. La storia di un'educazione, di una perdita, di un'eredità.
Una storia molto personale, certo, ma anche un capitolo di storia di questa Italia che va in disfacimento e forse morirà, senza lasciare ai propri figli un'eredità precisa.

Una storia privata, un'elaborazione del lutto ancora tutta da compiere, un flusso di pensieri e un'esaltazione continua di parole, una dietro l'altra, compongono le pagine di questo volume. Con uno stile asciutto, freddo e a tratti quasi tagliente, l'autore vi accompagnerà in un viaggio personale, che parte da una storia di amicizia, di amore, di ragazze usate, di morte per finire poi in una profonda introspezione, una lenta e inesorabile discesa nell'Io dell'autore che ha compiuto, nell'arco di queste pagine, la sua metamorfosi in scrittore.
Candidato al Premio Strega, Piccolo testamento, non vi coinvolgerà sentimentalmente, non vi farà provare compassione o empatia per la storia e i personaggi presenti, vi lascerà però inermi e svuotati. Si tratta di un libro di poco più di cento pagine, la lettura vi prenderà quindi poco tempo, al contrario dei successivi pensieri che vi affolleranno la testa per giorni, appena terminato il libro.


Piccolo Testamento,
Gabriele Dadati,
Laurana Editore, 2011

P.S. Un consiglio... non perdetevi il prossimo libro di Gabriele Dadati, seguito di Piccolo Testamento, in uscita a fine marzo!

Buona lettura, 
Vi.